Comunicato Stampa
ALMA e il VLT trovano troppe stelle massicce nelle galassie di tipo "starburst", sia vicine che lontane.
04 Giugno 2018
Alcuni astronomi, usando ALMA e il VLT, hanno scoperto che sia alcune galassie "starburst" nell'Universo primordiale che una regione di formazione stellare in una galassia vicina contengono una frazione di stelle massicce molto più alta di quella che si trova in galassie più tranquille. Questa scoperta mina le teorie attuali su come si siano evolute le galassie, cambiando la nostra comprensione della storia di formazione stellare e della produzione degli elementi chimici.
Un gruppo di scienziati, con a capo l'astronomo Zhi-Yu Zhang dell'Università di Edinburgo, ha usato il telescopio ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) per studiare l'Universo remoto, e in particolare stimare la proporzione di stelle massicce in quattro galassie di tipo "starburst" lontane e ricche di gas [1]. Queste galassie vengono viste quando l'Universo era molto più giovane di adesso, così che è improbabile che le galassie neonate abbiano già subito molti episodi di formazione stellare, che potrebbero altrimenti confondere i risultati.
Zhang e il suo gruppo hanno sviluppato una nuova tecnica - analoga alla datazione al radiocarbonio (nota anche come metodo del Carbonio-14) - per misurare l'abbondanza di diversi tipi di monossido di carbonio in quattro galassie "starburst" molto distanti e avvolte dalla polvere [2]. Hanno osservato il rapporto tra due tipi di monossido di carbonio che contentono diversi isotopi [3].
"Gli isotopi di carbonio e di ossigeno hanno origini diverse", spiega Zhang. “18O è prodotto soprattutto nelle stelle massicce, mentre 13C viene prodotto soprattutto nelle stelle piccole o intermedie." Grazie alla nuova tecnica, l'equipe ha potuto scrutare attraverso la polvere di queste galassie e per la prima volta stabilire la massa delle stelle.
La massa di una stella è il fattore principale che ne determina l'evoluzione. Le stelle massicce brillano intensamente e vivono vite brevi, mentre quelle meno massicce, come il Sole, hanno una luminosità più modesta, ma durano miliardi di anni. Conoscere la proporzione di stelle di massa diversa che si formano in una galassia, perciò, è alla base della comprensione della formazione ed evoluzione delle galassie in tutta la storia dell'Universo. Di conseguenza, ci fornisce indizi cruciali sugli elementi chimici disponibili per formare nuove stelle e pianeti e, in definitiva, il numero di buchi neri "seme" che possono fondersi per formare i buchi neri supermassicci che vediamo oggi nel centro di molte galassie.
La co-autrice Donatella Romano dell'INAF-Osservatorio di Astrofisica e Scienza dello Spazio di Bologna, Italia, spiega cos'hanno trovato: "Il rapporto tra 18O e 13C era circa 10 volte più alto in queste galassie "starburst" nell'Universo primordiale che nelle galassie come la Via Lattea, indicando che all'interno di queste galassie starburst si trova una proporzione decisamente maggiore di stelle massicce."
La scoperta di ALMA è consistente con un'altra scoperta nell'Universo locale. Un gruppo di scienziati, con a capo Fabian Schneider dell'Università di Oxford, Regno Unito, ha effettuto misure spettroscopiche con il VLT (Very Large Telescope) dell'ESO di circa 800 stelle nella zona di formazione stellare 30 Doradus, nella Grande Nube di Magellano, con lo scopo di studiare la distribuzione globale delle età stellari e della loro massa iniziale [4].
Schneider spiega: "Abbiamo trovato circa il 30% in più del previsto di stelle con masse oltre le 30 volte la massa del Sole e circa il 70% in più del previsto sopra le 60 masse solari. I nostri risultati sono una sfida al precedente limite di 150 masse solari per il massimo della massa iniziale delle stelle e suggeriscono addirittura che le stelle possano avere masse iniziali fino a 300 masse solari!"
Rob Ivison, coautore del nuovo articolo con i dati di ALMA, conclude: "I nostri risultati ci portano a mettere in discussione la nostra comprensione della storia cosmica. Gli astronomi che costruiscono modelli dell'Universo devono tornare a pensare e progettare modelli, con un maggior grado di sofisticazione."
Note
[1] Le galassie starburst sono galassie che stanno vivendo una fase di foramzione stellare molto intensa. Il tasso a cui formano stelle può essere 100 volte maggiore del tasso nella nostra galassia, la Via Lattea, o anche di più. Le stelle massice in queste galassie producono radiazioni ionizzanti, venti stellari e esplosioni di supernova che influenzano drammaticamente l'evoluzione dinamica e chimica del mezzo che le circonda. Studiare la distribuzione di massa delle stelle in queste galassie è importante per conoscere meglio la loro evoluzione e l'evoluzione dell'Universo in generale.
[2] Il metodo di datazione al radiocarbonio viene usato per determinare l'età di un oggetto che contiene materiale organico. Misurando la quantità di 14C , un isotopo radioattivo la cui abbondanza continua a diminuire, si può calcolare quando l'animale o la pianta sono morti. Gli isotopi usati nello studio di ALMA, 13C e 18O, sono stabili e la loro abbondanza continua ad aumentare durante la vita di una galassia, poichè vengono prodotti dalle reazioni di fusione termonucleare all'interno delle stelle.
[3] Le diverse forme di molecole vengono chiamate isotopologhi e differiscono nel numero di neutroni che possono avere. Le molecole di monossido di carbonio usate in questo studio sono un esempio di isotopologhi, poichè un isotopo stabile di carbonio può avere 12 o 13 nucleoni nel nucleo, mentre un isotopo stabile di ossigeno può averne 16, 17 o 18.
[4] Schneider et al. hanno effettuato osservazioni spettroscopiche di stelle singole in 30 Doradus, una regione di formazione stellare nella Grande Nube di Magellano, usando lo strumento FLAMES (Fibre Large Array Multi Element Spectrograph) sul VLT (Very Large Telescope). Lo studio è stato uno dei primi sufficientemente dettagliati da mostrare che l'Universo è in grado di produrre regioni di formazione stellare con distribuzioni di massa molto diverse da quella della Via Lattea.
Ulteriori Informazioni
I risultati ottenuti con ALMA sono pubblicati nell'articolo “Stellar populations dominated by massive stars in dusty starburst galaxies across cosmic time” che verrà pubblicato dalla rivista Nature il 4 giugno 2018. I risultati ottenuti con il VLT sono pubblicati in un articolo intitolato “An excess of massive stars in the local 30 Doradus starburst”, pubblicato dalla rivsita Science il 5 genaio 2018.
L'equipe di ALMA è composta da: Z. Zhang (Institute for Astronomy, University of Edinburgh, Edinburgh, Regno Unito; European Southern Observatory, Garching bei München, Germania), D. Romano (INAF, Astrophysics and Space Science Observatory, Bologna, Italia), R. J. Ivison (European Southern Observatory, Garching bei München, Germania; Institute for Astronomy, University of Edinburgh, Edinburgh, Regno Unito), P .P. Papadopoulos (Department of Physics, Aristotle University of Thessaloniki, Thessaloniki, Grecia; Research Center for Astronomy, Academy of Athens, Athens, Grecia) e F. Matteucci (Trieste University; INAF, Osservatorio Astronomico di Trieste; INFN, Sezione di Trieste, Trieste, Italia).
L'equipe del VLT è composta da: F. R. N. Schneider ( Department of Physics, University of Oxford, Regno Unito), H. Sana (Institute of Astrophysics, KU Leuven, Belgio), C. J. Evans (UK Astronomy Technology Centre, Royal Observatory Edinburgh, Edinburgh, Regno Unito), J. M. Bestenlehner (Max-Planck-Institut für Astronomie, Heidelberg, Germania; Department of Physics and Astronomy, University of Sheffield, Regno Unito), N. Castro (Department of Astronomy, University of Michigan, USA), L. Fossati (Austrian Academy of Sciences, Space Research Institute, Graz, Austria), G. Gräfener (Argelander-Institut für Astronomie der Universität Bonn, Germania), N. Langer (Argelander-Institut für Astronomie der Universität Bonn, Germania), O. H. Ramírez-Agudelo (UK Astronomy Technology Centre, Royal Observatory Edinburgh, Edinburgh, Regno Unito), C. Sabín-Sanjulián (Departamento de Física y Astronomía, Universidad de La Serena, Cile), S. Simón-Díaz (Instituto de Astrofísica de Canarias, Tenerife, Spagna; Departamento de Astrofísica, Universidad de La Laguna, Tenerife, Spagna), F. Tramper (European Space Astronomy Centre, Madrid, Spagna), P. A. Crowther (Department of Physics and Astronomy, University of Sheffield, Regno Unito), A. de Koter (Astronomical Institute Anton Pannekoek, Amsterdam University, Paesi Bassi; Institute of Astrophysics, KU Leuven, Belgio), S. E. de Mink (Astronomical Institute Anton Pannekoek, Amsterdam University, Paesi Bassi), P. L. Dufton (Astrophysics Research Centre, School of Mathematics and Physics, Queen’s University Belfast, Northern Ireland, Regno Unito), M. Garcia (Centro de Astrobiología, CSIC-INTA, Madrid, Spagna), M. Gieles (Department of Physics, Faculty of Engineering and Physical Sciences, University of Surrey, Regno Unito), V. Hénault-Brunet (National Research Council, Herzberg Astronomy and Astrophysics, Canada; Department of Astrophysics/Institute for Mathematics, Astrophysics and Particle Physics, Radboud University, Paesi Bassi), A. Herrero (Departamento de Física y Astronomía, Universidad de La Serena, Cile), R. G. Izzard (Department of Physics, Faculty of Engineering and Physical Sciences, University of Surrey, Regno Unito; Institute of Astronomy, The Observatories, Cambridge, Regno Unito), V. Kalari (Departamento de Astronomía, Universidad de Chile, Santiago, Cile), D. J. Lennon (European Space Astronomy Centre, Madrid, Spagna), J. Maíz Apellániz (Centro de Astrobiología, CSIC–INTA, European Space Astronomy Centre campus, Villanueva de la Cañada, Spagna), N. Markova (Institute of Astronomy with National Astronomical Observatory, Bulgarian Academy of Sciences, Smolyan, Bulgaria), F. Najarro (Centro de Astrobiología, CSIC-INTA, Madrid, Spagna), Ph. Podsiadlowski (Department of Physics, University of Oxford, Regno Unito; Argelander-Institut für Astronomie der Universität Bonn, Germanoa), J. Puls (Ludwig-Maximilians-Universität München, Germania), W. D. Taylor (UK Astronomy Technology Centre, Royal Observatory Edinburgh, Edinburgh, Regno Unito), J. Th. van Loon (Lennard-Jones Laboratories, Keele University, Staffordshire, Regno Unito), J. S. Vink (Armagh Observatory, Northern Ireland, Regno Unito) e C. Norman (Johns Hopkins University, Baltimore, USA; Space Telescope Science Institute, Baltimore, USA).
L'ESO (European Southern Observatory, o Osservatorio Australe Europeo) è la principale organizzazione intergovernativa di Astronomia in Europa e di gran lunga l'osservatorio astronomico più produttivo al mondo. È sostenuto da 15 paesi: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Spagna, Svezia, e Svizzera, oltre al paese che ospita l'ESO, il Cile e l'Australia come partner strategico. L'ESO svolge un ambizioso programma che si concentra sulla progettazione, costruzione e gestione di potenti strumenti astronomici da terra che consentano agli astronomi di realizzare importanti scoperte scientifiche. L'ESO ha anche un ruolo di punta nel promuovere e organizzare la cooperazione nella ricerca astronomica. L'ESO gestisce tre siti osservativi unici al mondo in Cile: La Silla, Paranal e Chajnantor. Sul Paranal, l'ESO gestisce il Very Large Telescope, osservatorio astronomico d'avanguardia nella banda visibile e due telescopi per survey. VISTA, il più grande telescopio per survey al mondo, lavora nella banda infrarossa mentre il VST (VLT Survey Telescope) è il più grande telescopio progettato appositamente per produrre survey del cielo in luce visibile. L'ESO è il partner principale di APEX e di ALMA, il più grande progetto astronomico esistente, sulla piana di Chajnantor. E sul Cerro Armazones, vicino al Paranal, l'ESO sta costruendo l'Extremely Large Telescope o ELT (significa Telescopio Estremamente Grande), un telescopio da 39 metri che diventerà "il più grande occhio del mondo rivolto al cielo".
La traduzione dall'inglese dei comunicati stampa dell'ESO è un servizio dalla Rete di Divulgazione Scientifica dell'ESO (ESON: ESO Science Outreach Network) composta da ricercatori e divulgatori scientifici da tutti gli Stati Membri dell'ESO e altri paesi. Il nodo italiano della rete ESON è gestito da Anna Wolter.
Links
- Articolo scientifico di Zhang et al.
- Articolo scientifico di Schneider et al.
- Fotografie di ALMA
- Fotografie del VLT
Contatti
Zhi-Yu Zhang
University of Edinburgh and ESO
Garching bei München, Germany
Tel.: +49-89-3200-6910
E-mail: zzhang@eso.org
Fabian Schneider
Department of Physics — University of Oxford
Oxford, United Kingdom
Tel.: +44-1865-283697
E-mail: fabian.schneider@physics.ox.ac.uk
Rob Ivison
ESO
Garching bei München, Germany
Tel.: +49-89-3200-6669
E-mail: rob.ivison@eso.org
Mariya Lyubenova
ESO Outreach Astronomer
Garching bei München, Germany
Tel.: +49 89 3200 6188
E-mail: mlyubeno@eso.org
Joerg Gasser (press contact Svizzera)
Rete di divulgazione scientifica dell'ESO
E-mail: eson-switzerland@eso.org
Sul Comunicato Stampa
Comunicato Stampa N": | eso1817it-ch |
Tipo: | Early Universe : Galaxy : Activity : Starburst |
Facility: | Atacama Large Millimeter/submillimeter Array, Very Large Telescope |
Instruments: | FLAMES |
Science data: | 2018Sci...359...69S 2018Natur.558..260Z |
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