Giovanni Patat d'Artegna
Scultore V. Gemona n. 6 - 33011 Artegna (UD) +39-0432-987070 |
Le immagini dei monumenti ai caduti in Russia, all'alpino di Cervignano, al marinaio di Marano Lagunare, la stele ai caduti di tutte le guerre di Pallazzolo dello Stella, testimoniano la vibrante coscienza etica dell'uomo prima e dell'artista poi, suggellano un patto di fratellanza universale, sottacciono un monito, mormorato a labbra socchiuse. |
Giovanni Patat d'Artegna è un artista italiano che lascia un
segno nel panorama storico del 900. In questi giorni noi lo
incontriamo come friulano e concittadino, pronto ad aprire lo studio
alla comunità friulana in occasione della festa di
Sant'Andrea. Vorrei precisare che l'artista racconta una storia, con
le sue opere, che e' la storia dell'umanità, nel quale ambito
si raccolgono le immagini e i sentimenti della comunità
friulana che egli pienamente rappresenta. Appena entrato nel giardino dell'artista il visitatore si troverà di fronte tre opere monumentali. La prima è una fontana che nella parte superiore reca l'immagine del re Attila, il "flagellum Dei" che devastò il Friuli alla vigilia della caduta dell'Impero Romano d'Occidente e dell'urbe aquileiese. La vasca sottostante è un recupero storico dell'ottocento. La seconda opera è ancora una fontana, questa volta contrassegnata con l'immagine di un cavallo, "oggetto" simbolo della civiltà friulana, del lavoro, ma anche rappresentazione del movimento e del divenire delle cose, come la stessa acqua che si insinua tra queste pietre, stigmatizzando quasi il tempo che trascorre. La terza opera del giardino e' un vortice quasi inconoscibile, una pietra volumetrica, una dilatazione magmatica di un esistere in perenne divenire, all'interno un vuoto, un buco, uno scorgere al di là. La via crucis del giardino completa l'esposizione all'esterno, tra le immagini della sacra rappresentazione spiccano quella della resurrezione del Cristo che si eleva al cielo, in un moto spontaneo e naturalissimo e la crocifissione, nella quale la tensione raggiunge un'espressione vitalissima e realistica. Realismo e modernità, è questa una sintesi che potrebbe essere fatta dell'opera di Giovanni Patat d'Artegna che rappresenta una piena sintesi delle principali tensioni artistiche e degli indirizzi del 900 italiano. Ed è questo che ancora si può vedere nello studio dello scultore, anch'esso aperto al pubblico, dove spiccano sculture di minor dimensione ma di elevata tensione morale e artistica. Un percorso di diapositive completa lo studio dell'artista che consente una conoscenza approfondita di una delle voci più significative del nostro panorama contemporaneo. Vito Sutto
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Nel suo regno di pietra, di creta, di marmi, di bronzi, Giovanni
Patat, folta barba bianca e occhi scuri vivacissimi e limpidi, sembra
un mitico Vulcano nella fucina o il classico Eolo, Re dei venti,
possessore di energie scatenanti. Usciamo dalle immagini mitiche, pur
significative, per accostarci all"uomo e all"artista che in questo
caso fa tutt'uno come qualità di esistere e con forza
morale. Andiamo a trovarlo e verifichiamo nella sua vasta, antica, con
apporti nuovi, casa patriarcale, con la sua opera la validità di
quanto abbiamo affermato.
E' un immenso museo storico della sua produzione scultorea e museo storico della sua vita, della storia del Friuli e del mondo. Vedi la progressione civile lineare e composta, l'impressionismo naturalistico, l'esplosione barocca infuocata, l'afflato religioso, le moderne evoluzioni di una materia planetaria. E insieme anche la vita locale, la dimensione devozionale, gli episodi degli umili, i temi familiari. Se poi facciamo una passeggiata oltre le stanze, il ponticello casalingo sul rivo, il vasto e polveroso laboratorio dove lui quotidianamente si cimenta con se stesso e con la roccia, domata e avulsa dal suo contesto, attraverso le belza della collina circostante, eccoci davanti a un'isola di Pasqua di monumenti di pietra tra formale e informale, tra mostri senza mostruosità. Nulla al suolo abbattuto. Tutto emerge dalla terra e tende al cielo. Possiamo andare a cercare similitudini e affinità nell'arte passata attuale; ma l'impronta di Giovanni d'Artegna è propriamente sua, di una genialità tanto espansiva quanto sofferta, che trapassa senza soluzione dal realismo figurante alla realizzazione metaformale. Dico metaformale perchè la forma in Patat non è mai distrutta, ma legata al pensiero e come superata. In questa cripta dell'antichissima Pieve di san Lorenzo l'artista ci offre un'antologia limitata della sua ampia produttività ma sufficiente a mostrare un percorso creativo molteplice. Si evidenzia il sentimento religioso di impronta cristiana del nostro essere che troppi oggi vorrebbero diluire e dissolvere in un generico e confuso minestrone concettuale da irresponsabile abracons nous ideologico. L'artista crede, soffre, spera, ama in queste sue creature immobili, ma suscitatrici dei movimenti e della contemplazione spirituale. Il Cristo sofferente, le Madonne madri di umiltà e d'amore, immagini di tante nostre madri friulane, angeli e santi di fermezza e dolcezza come Francesco. Ognuno può attingere e io mi auguro un domani una rassegna maggiormente rappresentativa in quel di Buja e altrove. Purtroppo il primo ostacolo a chi lavora in Friuli è il Friuli stesso, così restio a riconoscere, a lanciare la sua gente a osannare quasi sempre il buono e meno buono pubblicizzato che arriva da fuori. Fosse Milano o a Firenze, Giovanni Patat d'Artegna avrebbe ben altra considerazione e fama. Noi comunque siamo orgogliosi di lui e gli chiediamo perdono per tante discriminazioni cha he subito in certi tempi, non certo per causa nostra, ma di friulani come noi. Domenico Zannier
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